Raja Yoga

Il Rāja yoga è lo yoga regale codificato da Patañjali nei suoi Yoga-sūtra. Esso consta di 8 passi che praticati portano lo yogi a eliminare gli ostacoli e le oscillazioni della coscienza ordinaria essendo la meta od obiettivo finale la liberazione dell’anima-Purusa dalla materia-Prakrti a cui è incatenata di vita in vita. In effetti l’obiettivo è “citta vrtti nirodha”, ossia la sospensione delle modificazioni della mente che sono causa di dolore. Raggiunta questa sospensione si svela il soggetto reale, la reale natura del nostro essere.

E’ definito Rāja yoga o Yoga regale perché è il coronamento di tutti gli altri yoga. Tutte le altre forme di yoga come il mantra yoga, il laya yoga, lo hatha yoga ecc. sono forme preparatorie al Rāja yoga.

A differenza degli altri darśana che si basano su teorie metafisiche lo Yoga di Patañjali propone le tecniche e i mezzi per raggiungere il fine supremo, ossia l’isolamento del Purusa.

Lo Yoga è basato sulla teoria del Sāmkhya e ne rappresenta il suo aspetto complementare ossia la “pratica” del Sāmkhya, ma a differenza di esso lo Yoga ammette un 26° principio che è Isvara. Ciò significa che il dualismo del Sāmkhya è superato attraverso questo principio da cui sia il Purusa sia la Prakrti traggono il loro essere. Isvara rappresenta l’Essere universale nella sua inscindibile Unità, di cui il Purusa e la Prakrti sono aspetti polari e complementari, in esso sono contenute le indefinite possibilità di manifestazione.

 

 

 

Patañjali si propone di raggiungere la realizzazione del Sé con una pratica (abhyāsa) articolata in 8 momenti o “membra” da cui l’altro nome di Ashtanga yoga o yoga dalle 8 membra. Il termine membra sta a indicare che non si tratta di gradini da percorrere uno alla volta bensì come membra di un corpo devono crescere insieme.

Le prime 5 membra di questo Yoga sono nell’ordine: Yama, Niyama, Āsana, Prānāyama e Pratyāhāra. Questi sono i passi che propone Patañjali per eliminare le cause dell’irrequietezza mentale e quindi purificare la mente e il corpo da ogni possibile ostacolo.

Yama e Niyama, tradotte con restrizioni e prescrizioni, mettono in rilievo la preparazione etica necessaria per la pratica dello Yoga.

Le regole di Yama sono:

  1. Ahimsā: la non violenza;

  2. Satya: la verità;

  3. Asteya: l’ onestà;

  4. Brahmacarya: la continenza o discepolo di Brahman;

  5. Aparigraha: la non possessività.

I doveri Niyama sono:

  1. Śauca: la purezza interna ed esterna;

  2. Samtosa: l’appagamento o contentezza;

  3. Tapas: l’ascesi;

  4. Svadhyāya: lo studio di sé;

  5. Isvarapranidhana: l’abbandono a Isvara.

Āsana riguarda la disciplina del corpo e consiste, secondo la definizione di Patañjali, in una postura stabile e comoda che faciliti il riorientamento della coscienza verso l’interno senza quindi essere disturbata dagli stimoli o impulsi del corpo.

Prānāyama o controllo del respiro riveste grande importanza per la stabilità della mente. Vi è reciprocità di relazione tra flusso mentale e respiro, per cui il controllo esercitato sul ritmo respiratorio produce un effetto “ di risonanza” sull’energia interiore (prāna) e sul mentale. Con la sospensione del respiro dopo una lunga pratica di Prānāyama si può arrivare all’arresto delle modificazioni della mente.

Pratyāhāra o ritiro dei sensi porta a raggiungere l’introspezione, in cui la mente si distacca dalle impressioni esterne e si rivolge all’interno. Ad un più alto livello riguarda l’astrazione della coscienza dalla stessa mente e dai suoi contenuti.

I 3 successivi anga o membra sono di ordine strettamente spirituale.

Essi sono: Dhārānā, Dhyāna e Samādhi.

Dopo aver isolato la mente dalle impressioni esterne occorre indirizzare l’attenzione verso un solo oggetto che può essere anche una parte del corpo, questo è Dhārānā.

Quando la concentrazione diventa un flusso continuo e costante di consapevolezza si entra in Dhyāna ovvero in meditazione. In questo stato abbiamo ancora la nozione della differenza tra sé e l’oggetto di meditazione. Quando cade anche l’ultimo velo di separazione e di differenza tra sé-soggetto, l’oggetto e la loro relazione si raggiunge il Samādhi o contemplazione, che può avere vari gradi, ma il culmine è l’isolamento del Purusa da Prakrti e il suo dimorare in se stesso.