Gli involucri del Sè

Il Sé, l’Ātman o nostra reale natura, si manifesta attraverso tre corpi, che possiamo classificare secondo il grado di vibrazione dell’energia in essi attiva, in:
1.corpo fisico o grossolano (sthūlaśarīra)
2.corpo sottile (sūksmaśarīra)
3.corpo causale (prājña)
A loro volta questi corpi sono costituiti da cinque guaine o involucri, che si interpenetrano, si intrecciano e agiscono l’uno sull’altro poiché sono campi energetici in movimento. La definizione delle Upanishad è pañcakośa (cinque guaine). A partire dall’involucro più esterno abbiamo:
1.annamayakośa
2.prānamayakośa
3.manomayakośa
4.vijñānamayakośa
5.ānandamayakośa

L’involucro più esterno del Sè è Annamayakośa che significa “involucro fatto di cibo” e corrisponde al corpo grossolano, il quale è costituito appunto da ciò di cui ci nutriamo e che viene elaborato, trasformato e assimilato. Questo corpo è soggetto alla nascita, alla crescita, al decadimento e alla morte. Se l’individuo si identifica a questo corpo, che è solo uno strumento del Sé, non può che subirne le conseguenze cedendo alla paura e al suo credersi mortale.

Il secondo involucro è Prānamayakośa o guaina fatta di prāna (energia vitale). E’ l’insieme delle energie sottili che tengono in vita il corpo grossolano. E’ percorso da innumerevoli canali (nādi) che distribuiscono l’energia in tutto il corpo e permettono il naturale funzionamento fisiologico e mentale dell’uomo. E’ la sede dei sette centri o cakra che sono “ruote di energia” esprimenti vari livelli o stati di coscienza e in corrispondenza con diverse funzioni fisiche e mentali dell’uomo.


La sillaba sacra: OM

La sillaba mistica OM costituisce l’essenza, il “seme” (bīja) di ogni preghiera. E’la principale formula di preghiera dell’induismo. E’ detta anche Pranava cioè che risuona o il suono per eccellenza e Aksara cioè imperituro, infatti nelle Upanisad è identificata con l’Assoluto.

Questa sacra sillaba fa parte di tutti i Mantra (formule o parole sacre). Il simbolo grafico che la rappresenta in sanscrito è ugualmente considerato in tutta l’India come particolarmente sacro. E’ il simbolo della Totalità e, nello stesso tempo, dell’Unità Assoluta che la trascende.

E’ il simbolo onnicomprensivo di tutti i suoni e dello stesso Silenzio quale Coscienza onnipervadente.

Nella Chāndogya Upanisad (II, 23, 4) si afferma che “ la sillaba OM è tutto questo universo”, ma è la Māndūkya Upanisad che tratta più estesamente questo soggetto. Essa identifica i tre suoni che compongono tale sillaba, cioè A, U, M, rispettivamente con i tre stati di veglia (vaiśvānara), sogno (taijasa) e sonno profondo (prājña). Contempla anche la dimensione inafferrabile, estinzione di ogni apparenza che è l’OM silenzioso, simbolo di Turīya o “quarto stato”, ossia lo stato di Coscienza non duale che pervade e sostiene i tre stati. Essa conclude affermando che “OM è in verità il Sé – ātman”.

Nella visione devozionale della tradizione hindù questa sillaba rappresenta, con i tre suoni che la costituiscono, le tre principali divinità: Brahmā il creatore, Visnu il conservatore e Śiva il distruttore.

Per chi segue lo Yoga la ripetizione di questo bīja mantra riveste un’importanza particolare in quanto capace di risvegliare, per il suo ineguagliabile valore mistico, la Kundalinī (energia vitale latente).

Negli Yoga-sūtra si afferma che la sillaba OM è la parola che esprime l’essenza del Signore e come tale ci esorta a contemplarne il significato come fosse il Signore stesso.

Da quanto esposto possiamo intuire la notevole mole di significato simbolico che l’Om porta con sé, e non sarà azzardato sostenere che la giusta “risonanza” coscienziale di Om può condurci alla realizzazione della nostra reale natura. OM SHANTI.

Come avvicinarsi allo Yoga

Accostarsi al mondo dello Yoga e alla filosofia orientale in genere richiede l’immergersi in un contesto che oggi è più che mai distante da noi, dalle nostre abitudini.
Addentrarsi in questo mondo per conoscerlo, il solo aiuto reale è l’esperienza, gli scritti, i testi hanno il loro limite, il limite della parola. Lo sapevano i saggi del passato che hanno superato questa difficoltà dando alle parole la semplice funzione di “appunti”, e tutti i grandi testi in Oriente hanno questa caratteristica.
I loro scritti erano semplici semi, “sūtra” (filo), che permettevano all’uomo di avere un’indicazione di rotta, un “filo” conduttore quindi, nel lungo cammino della vita.
Vita che era ricerca, aspirazione profonda verso “un qualcosa” che ancora oggi tormenta l’uomo e lo determina.

Solo che oggi non esiste più una cultura della ricerca come allora. Siamo bombardati dalle informazioni che ci allontanano più che avvicinarci a quella dimensione “intima” che è la nostra vera “patria”.

Oggi l’educazione produce nell’individuo conflitto tra ciò che egli è interiormente e ciò che gli viene “addobbato” sulla persona e lo qualifica agli occhi della società.
Il mistero della conoscenza non viene risolto dall’istruzione, né vi aspira, se non a livello individuale quando la vita si presenta in qualità di Maestra e di Educatrice.

Ci si può solo augurare un miracolo che ridia forma umana al mondo, che metta l’uomo di nuovo in contatto con quel filo esistenziale, capace di indicare la “meta” che può dare un senso al suo vivere.
Ma possiamo partire solo da noi stessi e il primo passo consiste nel vivere con attitudine e intenzioni diverse: i maestri parlano di “presenza attenta”. E’ su questa esperienza che viene svolto il lavoro su di sé, che ci permetterà di uscire dal sonno psicologico in cui siamo “caduti”e che ci ostiniamo a chiamare vita.

Diventa necessario accantonare quegli schemi mentali che ci contraddistinguono per aprirsi ad un’altra “dimensione”, che stranamente è più vicina e intima di quanto potremmo immaginare.
Solo così i “semi” della Tradizione potranno giungere a maturazione e rivelarsi al nostro cuore.

Non si tratta di acquisire nuove informazioni, magari più esotiche e lontane dalla nostra cultura, che però agirebbero lo stesso come un velo coprendo la nostra reale natura e ottundendo il nostro sentire, ma di svelare ciò che è già nascosto in noi. E questo è un concetto che la stessa parola “educazione” ha in sé: ex-ducere cioè portar fuori, esprimere quello che è dentro di noi in forma di seme. Ben diverso è ciò che avviene comunemente a scuola.
Impariamo dai discepoli dell’antichità che si avvicinavano ai Maestri, in India, con questa preghiera:

“Dal non essere guidami all’essere,
dalla tenebra guidami alla luce,
dalla morte guidami all’immortalità.
In verità chi conosce questo canto conquista il mondo”.

(Brhadaranyaka Up. III, 27)

Yoga.Cos'è?

Lo yoga esiste da più di 6000 anni ed è uno straordinario sistema indiano che, attraverso una grande varietà di tecniche, rende possibile l’integrazione dell’essere umano su tutti i piani di esistenza. La parola yoga vuol dire “ unire - soggiogare”. Quindi lo yoga consiste essenzialmente nello sperimentare e realizzare l’unione totale in se stessi fra corpo energia e mente e con l’energia comune a tutti gli esseri.

Unione è salute e benessere, mentre separazione e scissione sono malattia sia sul piano fisico che mentale.

Lo yoga non è una religione, ma una scienza perché si basa su una sperimentazione diretta che dà conoscenza, e quindi il controllo di tutte le nostre facoltà, potenziandole, equilibrandole ed armonizzandole.

Lo yoga ci offre la possibilità di conoscere noi stessi a partire dal corpo così come siamo fatti e come funzioniamo. Lo hatha yoga infatti riguarda il corpo e mira a rendere organico e funzionale lo stato generale del corpo, curando gli equilibri energetici, le simmetrie posturali, la profondità del respiro e la coordinazione dei movimenti.

La pratica regolare delle asanas o posture ci deve portare gradatamente a integrare corpo, mente e respiro. Dove il respiro è l’elemento più importante perché il respiro è il nutrimento del corpo come la linfa per l’albero. Il respiro è vita.

Lo yoga è un’arte di vivere, è l’arte del respiro.

“ Quando il respiro è agitato la mente è instabile. Ma quando si acquieta, anche la mente trova la sua pace.” (Hatha Yoga Pradipika)

Consapevolezza del proprio respiro, giusto ritmo tensione – distensione sono alla base di tutta la pratica yoga.